sabato 12 febbraio 2011

«Tagli alla libertà? Una scelta miope»

In un periodo di pesante crisi economica è necessario che i bilanci pubblici siano in ordine e che perciò le istituzioni a tutti i livelli si impegnino per razionalizzare le spese e risparmiare ovunque ciò sia possibile. L’Agesc è cosciente di questa inderogabile esigenza, ma è pure convinta che in questi casi vadano salvaguardati i diritti primari della persona, i servizi essenziali e le esigenze di chi ha meno risorse economiche.


Sicuramente il diritto di genitori e studenti alla libertà di scelta della scuola secondo il proprio ideale educativo è un diritto di carattere universale, riconosciuto e garantito dalla Costituzione italiana, e che finora è stato «dimenticato», tranne qualche misura parziale a livello nazionale o regionale. Altrettanto sicuramente la scuola pubblica, sia statale che paritaria secondo la legge dello Stato n. 62 del 2000,
 è un servizio essenziale per la comunità nazionale. E infine è evidente e dimostrato che le scarse risorse economiche erogate dagli enti locali per la libertà di scelta scolastica dei genitori e dei giovani sono destinate a quelle famiglie che, avendo redditi modesti, necessitano di un sostegno economico per l’esercizio di questo loro diritto. Sono questi i motivi per cui si apprezza l’impegno di quegli amministratori di Regioni, Province e Comuni che anche in questo periodo di crisi hanno accresciuto o hanno mantenuto invariate le risorse destinate alle famiglie che hanno scelto le scuole paritarie. Riempie invece di amarezza il constatare la scarsa considerazione di certi politici locali nei confronti dei diritti dei cittadini, fino a ieri sostenuti e oggi traditi, tagliando borse di studio, buoni-scuola, sostegni
 all’inserimento di alunni disabili ed altro. È evidente che questa situazione dipende in primo luogo dai tagli decisi dal governo nazionale, ma è certo anche che gli enti locali – come alcuni stanno dimostrando – possono agire diversamente. In fondo si tratta di cifre relativamente modeste rispetto ai bilanci di questi enti. Perciò il taglio risulta una scelta non obbligata, ma decisamente politica: fra i vari servizi e finanziamenti si ritiene di dover penalizzare quelli che riguardano la scuola. Ma non è proprio l’educazione la prima emergenza da risolvere per garantire un futuro alla nostra società? Forse si pensa che sia meno rischioso toccare gli interessi «deboli» delle famiglie, che non altri più «forti». Tagliare sulla libertà di educazione, infine, dimostra uno sguardo corto ed egoista: si pensa di risparmiare nel proprio ente locale e, visto che si costringono le famiglie a rinunciare ai
 propri diritti e a «scegliere» obbligatoriamente per motivi economici le scuole statali, si scaricano sullo Stato costi notevolmente più alti che porteranno a nuove strette finanziarie anche sugli stessi enti locali. Chi in tutto questo ci perde sono sicuramente i ragazzi e le famiglie, ma chi ci guadagna? Siccome queste scelte non sono irrevocabili, ma possono essere modificate, chiediamo agli amministratori regionali, provinciali e comunali più lungimiranza e più attenzione a ciò che costruisce veramente il bene comune.

Dalla pagina AGeSC di Avvenire – 28/01/2011